Articolo pubblicato sul sito dello Studio Legale Scuderi-Motta

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L’omettere dichiarazioni richieste dal bando, ovvero rendere dichiarazioni inesatte o mendaci, può costare caro a chi partecipa ad un concorso pubblico.

Invero, la violazione dell’onere informativo imposto dal bando di concorso può comportare l’esclusione dalla procedura del candidato e anche – qualora già fosse intervenuta la nomina di vincitore – l’annullamento in autotutela di tale atto di nomina.

In particolare, se previsto dalla lex specialis, il candidato è tenuto – ad esempio – a indicare le condanne penali subìte, a prescindere dal fatto che si tratti o meno di una condanna non idonea a configurare una causa preclusiva alla costituzione del nuovo rapporto di pubblico impiego.

Infatti, in gioco ci sarebbe l’esigenza di permettere al pubblico datore di lavoro di conoscere i dati del dipendente sì da gettare le basi per un rapporto improntato alla fiducia reciproca.

Si tratta di princìpi ormai consolidati nella prevalente giurisprudenza e da ultimo meglio individuati anche dal Consiglio di Stato nella recente sentenza numero 1723 del 2024, con la quale i Giudici di Palazzo Spada hanno dichiarato la legittimità del provvedimento con il quale un Ente locale ha annullato in autotutela, la nomina del vincitore di un concorso per posti di Agente della Polizia Locale.

Nel caso di specie, il candidato, in contrasto con quanto espressamente richiesto dal bando a pena di esclusione, aveva infatti omesso di dichiarare, nella domanda di partecipazione, di aver subìto una condanna penale ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale con sentenza divenuta irrevocabile, e ciò sebbene si trattasse di una condanna non idonea a configurare una causa preclusiva alla costituzione del nuovo rapporto di pubblico impiego.

Si tratta infatti, a detta del Supremo Consesso, di violazione della lex specialis volta ad incidere direttamente sul futuro rapporto di fiducia con il datore pubblico, atteso che omettere i precedenti penali equivale a mentire e comporta l’esclusione anche in caso di reati non trascritti nel casellario giudiziario e che non inibiscono l’eventuale assunzione.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha ritenuto non applicabile ratione temporis al caso di specie l’articolo 4 del d.lgs. 122/2018, invocato dal ricorrente, in forza del quale è consentito non indicare nell’autodichiarazione resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica numero 445/2000 le condanne penali per le quali è stato concesso il beneficio della non menzione nel Casellario Giudiziale, trattandosi di una norma sopravvenuta i gravati atti di causa (e ciò in virtù del principio secondo cui la legittimità di un provvedimento deve essere valutata sulla base della situazione di fatto e di diritto in essere al momento della sua emissione).

Infine, il medesimo candidato aveva inoltre omesso di indicare lo svolgimento del servizio militare (requisito anch’esso richiesto dal Bando).

Anche tale omissione è stata ritenuta rilevante, atteso che – sebbene l’assolvimento degli obblighi militari di leva non costituiva una condizione di partecipazione al concorso – la comunicazione relativa allo svolgimento o meno del servizio militare era necessaria in base a quanto stabilito dal Bando di concorso, e andava nell’apposita sezione del Modulo di partecipazione.

In conclusione, dunque, ai fini della corretta partecipazione ai concorsi pubblici, occorre sempre fare attenzione a quanto previsto e richiesto dal Bando di concorso, atteso che esso può legittimamente richiedere di fornire comunicazioni e dichiarazioni anche non previste dalla legge, ma comunque necessarie al fine della corretta partecipazione al concorso.