Nota a sentenza pubblicata sul sito dello Studio Scuderi – Motta
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La Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza del 3 febbraio 2023 numero 3308, si è epressa sulla risarcibilità del danno subìto da un passeggero per la tardiva consegna del bagaglio da parte della compagnia area, cogliendo l’occasione per ribadire importanti princìpi in materia di riparto dell’onere probatorio, esprimendosi altresì sulla censurabilità in Cassazione del difetto di motivazione delle sentenze, e sulle regole che governano la compensazione delle spese processuali.
Il caso di specie
La fattispecie trae origine dal giudizio promosso innanzi al Giudice di Pace da una passeggera di un volo aereo, per il riconoscimento del risarcimento dei danni (ivi compreso quello da stress) subiti a causa dello smarrimento del proprio bagaglio da parte della compagnia aerea, la quale lo aveva riconsegnato alla medesima passeggera solo cinque giorni dopo l’arrivo a destinazione.
In primo grado, il Giudice di Pace riconosceva all’attrice un risarcimento di 400,00 euro.
La sentenza veniva impugnata dalla compagnia aerea innanzi al Tribunale che accoglieva in parte l’appello e limitava ad euro 115,73 l’importo della condanna, quale somma pari alle spese che la passeggera aveva effettuato per rimpiazzare alcuni beni di prima necessità contenuti nel bagaglio smarrito, ritenute documentate dalla produzione in giudizio di copie di scontrini di acquisto la cui conformità agli originali non era stata contestata dalla compagnia.
Il Tribunale, pur accogliendo in parte il gravame, compensava le spese di lite tra le parti.
Il Giudizio in Cassazione e i princìpi espressi dalla Suprema Corte
La compagnia aerea ricorre in Cassazione censurando la sentenza per difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del danno subìto dalla passeggera, nonché per l’erronea compensazione delle spese operata dal Tribunale.
La Suprema Corte coglie l’occasione per ribadire i seguenti importanti princìpi di diritto:
- il viaggiatore, che si veda riconsegnare in ritardo il proprio bagaglio, deve sempre dimostrare il nesso di derivazione eziologica tra la temporanea indisponibilità dello stesso e le spese effettuate per il rimpiazzo di alcuni beni di prima necessità ivi contenuti: nel caso di specie, ciò era avvenuto, atteso che la passeggera aveva depositato in giudizio le copie degli scontrini della merce che era stata acquistata per rimpiazzare alcuni beni di prima necessità contenuti nel bagaglio smarrito, avendo inoltre comprovato tramite testimoni gli acquisiti effettuati;
- in materia di difetto di motivazione, il sindacato della Corte sulla parte motiva della sentenza – a seguito della novella dell’art. 360, comma 1, n. 5) del codice di procedura civile da parte del decreto-legge numero 83 del 2012, successivamente convertito – è limitato alla verifica che sia stato rispettato il “minimo costituzionale”, e quindi il vizio di motivazione “…è configurabile solo in caso di motivazione meramente apparente, ovvero allorché essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal Giudice per la formazione del proprio convincimento…”, mentre “…resta irrilevante il semplice difetto di sufficienza della motivazione…”. Nel caso di specie, tuttavia, il prospettato difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del danno risulta inammissibile, risolvendosi nella censura della valutazione degli elementi probatori operata dal Tribunale (e non già ad una eventuale “imperscrutabilità” della motivazione per irriducibile contraddittorietà o manifesta illogicità, come invece ormai disposto per legge);
- in materia di compensazione delle spese di lite, “il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 17 aprile 2019, n. 10685, Rv. 653541-01)”. In particolare “…nel caso di accoglimento parziale del gravame, il giudice di appello può – non deve – compensare, in tutto o in parte, le spese, ma non anche porle, per il residuo, a carico della parte risultata comunque vittoriosa, sebbene in misura inferiore a quella stabilita in primo grado, posto che il principio della soccombenza va applicato tenendo conto dell’esito complessivo della lite…”. Nel caso di specie, quindi, la Suprema Corte ha ritenuto corretta la statuzione delle spese operata dal giudice di appello.
La Cassazione ha quindi rigettato il ricorso e confermato la sentenza del giudice di appello.