Il Tribunale del Lavoro di Catania, con la recente sentenza del 2 febbraio 2022, condividendo la tesi difensiva sostenuta degli Avvocati Simona Santoro ed Emiliano Luca, ha accolto il ricorso avanzato dalla ricorrente nei confronti dell’INPS, che aveva richiesto a quest’ultima la restituzione delle somme liquidate in surplus, sulla pensione di reversibilità, a causa di un errore di omonimia.

Restituzione somme indebitamente percepite: per l'accertamento negativo la prova grava sul pensionato - PuntodiDiritto

La ricorrente ha proposto ricorso innanzi alla Sezione Lavoro del Tribunale di Catania, denunciando l’illegittimità dell’operato dell’ente previdenziale ed in particolare l’irripetibilità dei ratei riscossi, ai sensi dell’art. 52 della L 88/89, nonché la violazione dell’art. 13 della L 412/1991, chiedendo pertanto che venisse accertata l’irripetibilità delle somme ricevute.

La ricorrente ha altresì chiesto che l’INPS – che aveva già avviato il recupero delle somme attraverso la compensazione di esse con altri importi versati alla ricorrente ad altro titolo – venisse peralto condannato a corrisponderle l’importo illegittimamente trattenuto in compensazione.

Costituendosi in giudizio, l’Istituto – pur riconoscendo che l’indebito in effetti era scaturito da un “errore di omonimia” – sosteneva la legittimità dell’operato dell’Istituto ed eccepiva la presunta sussitenza di un “dolo” dell’interessata (la quale aveva ricevuto somme in surplus senza averlo mai comunicato).

Il Tribunale, rigettando le difese dell’INPS accogliendo a pieno la prospettazione della ricorrente, ha dichiarato irripetibili le somme versate dall’INPS, condannandola altresì alla restituzione degli importi illegittimamente trattenuti in compensazione.

In particolare, il Giudice ha rilevato come l’erogazione da parte dell’INPS di somme in surplus alla ricorrente, fosse stata causata da un errore commesso dallo stesso Istituto che aveva posto quale base di calcolo della pensione di reversibilità la posizione contributiva di un soggetto omonimo e che alcun comportamento doloso era stato perciò posto in essere dalla ricorrente.

Sul punto, ha preliminarmente osservato come la materia dell’indebito previdenziale sia  regolata dalla legge numero 88 del 1989 che, all’art. 52 (rubricatpo appunto “prestazioni indebite”), dispone che: “1. Le pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni nonché la pensione sociale, di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione.  Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato...

Tale norma è stata poi oggetto di interpretazione autentica con l’art. 13 L. 412/91 che dispone: “Le disposizioni di cui all’articolo 52, comma 2, della L. 9 marzo 1989, n. 88, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. L’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite” .

Dal succitato panorama normativo emerge pertanto che “..il recupero di quanto indebitamente già erogato è ammesso non solo in caso di dolo del pensionato, ma anche nell’ipotesi di “omessa od incompleta segnalazione di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente”.

Applicando le superiori coordinate al caso di specie, il Giudice ha statuito l’insussitenza del dirtto dell’INPS alla ripetizione dell’indebito, essendo l’errore unicamente imputabile all’INPS stesso e non sussitendo alcuna ipotesi di dolo della beneficiaria.

Sul punto, ha rilevato come “..a mente della costante esegesi interpretativa, la nozione di dolo prevista dalla normativa in oggetto è peculiare e non coincide con la connotazione soggettiva – in termini di consapevolezza e volontà – prevista dalla figura penalistica, essendo invece sufficiente che l’errore sia addebitabile a fatto sia pure non fraudolento del beneficiario purché inerisca a circostanze non note all’ente previdenziale…”.

Lo stato soggettivo del dolo del soggetto che ha indebitamente percepito i trattamenti pensionistici, è ravvisabile anche “..nella semplice consapevolezza della effettiva insussistenza del diritto, non richiedendosi, agli effetti di cui si tratta, che l’interessato abbia posto in essere comportamenti attivi diretti ad ingannare l’ente erogatore, ed essendo configurabile il dolo anche nel caso in cui il pagamento non dovuto sia stato effettuato per errore, pur se determinato da negligenza dell’ente…”, rilevando ad esempio anche “..nella ipotesi di pagamenti di entità tale da rendere evidente l’esistenza di un errore e l’insussistenza del diritto del destinatario, oppure di pagamenti, a favore di soggetti di adeguata cultura ed esperienza, che siano privi di qualsiasi nesso con rapporti in essere o in via di attivazione”.

Tuttavia nel caso di specie – non essendovi alcuna contestazione da parte dell’INPS sul fatto che alla ricorrente spettasse la pensione di reversibilità  – è evidente che “..l’errore nell’erogazione della prestazione è da addebitare esclusivamente all’ente previdenziale, che non ha correttamente individuato il soggetto e la sua posizione contributiva nel provvedere alla liquidazione della pensione di reversibilità..”, operazione, questa, nella quale la ricorrente “..non assumeva alcuna posizione attiva né era richiesto da parte di quest’ultima un comportamento (quale la comunicazioni di dati) che hanno potuto indurre in errore l’Istituto previdenziale…”.

Il Tribunale, ha quindi conclusivamente affermato che “..alla stregua della sopra riportata esegesi, non può dirsi integrato il dolo ai sensi della normativa di settore e pertanto non sussistono i presupposti che consentono la ripetizione dell’indebito e pertanto va ritenuta illegittima la ripetizione di indebito disposta dall’Istituto previdenziale, che va anche condannato al pagamento di quanto trattenuto a tale titolo…”, dipsondendo quindi l’accoglimento del ricorso e dichiarando di conseguenza l’irripetibilità delle somme, condanna dell’INPS al pagamento di quanto trattenuto in compensazione.

Per ricevere ulteriori informazioni o una consulenza al riguardo, è possibile contattare l’Avvocato Simona Santoro all’indirizzo mail avvocato@simonasantoro.it.