Con la recententissima pronuncia numero 128 pubblicata il 23 giugno 2021, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la seconda proroga relativa alla sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore, disposta dal Decreto Milleproroghe in ragione dell’emergenza pandemica.

 

Oggetto di censura è stata in particolare la norma di cui all’articolo 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020, successivamente convertito, che ha prorogato la sospensione di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore»  dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

La Consulta ha in particolare ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma della Costituzione, giudicando sproporzionato il bilanciamento tra la tutela giurisdizionale del creditore – proprietario e quella del debitore insolvente.

Più nello specifico, la Corte Costituzionale ha innanzi tutto ricordato come, in linea generale, la tutela in sede esecutiva sia componente essenziale del diritto di accesso al giudice.

Invero, la garanzia – riconosciuta dall’art. 24, primo comma della Costituzione – di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende anche l’esecuzione forzata, che è diretta a rendere effettiva l’attuazione del provvedimento del giudice.

Pertanto, vista la rilevanza del diritto di difesa e la sua tendenziale incomprimibilità, la sospensione delle procedure esecutive deve costituire un evento eccezionale.

La Corte ha sul punto sottolineato come, sebbene sia vero che il legislatore ordinario – in presenza di altri diritti meritevoli di tutela, come quello fondamentale all’abitazione – possa procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva, tale risultato in tanto è costituzionalmente legittimo in quanto espressione di un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, da valutarsi considerando la proporzionalità dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalità perseguite.

Sulla scorta di tali premesse pertanto, sebbene non possa dubitarsi che il diritto di abitazione sia un “diritto sociale” e inviolabile, la Consulta ha ritenuto indubitabile che la sospensione delle procedure esecutive possa essere contemplata dal legislatore solo a fronte di circostanze eccezionali e per un periodo di tempo limitato, e non già con una serie di proroghe, che superino un ragionevole limite di tollerabilità.

Nel caso di specie invece, il sacrificio richiesto ai creditori dalla norma in esame non si palesa “dimensionato” rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi.

Infatti, sebbene in un primo tempo la sospensione delle procedure esecutive inerenti l’abitazione principale dei debitori fosse coerente con l’improvviso scoppiare della pandemia e con la sospensione di tutti i giudizi, la proroga di tale misura in modo generalizzato non può considerarsi ragionevole, tenuto altresì conto che i giudizi civili, e quindi anche quelli di esecuzione, sono ripresi gradualmente con modalità compatibili con la pandemia a seguito della sospensione generalizzata.

E’ inoltre mancato “..un aggiustamento dell’iniziale bilanciamento sia quanto alla possibile selezione degli atti della procedura esecutiva da sospendere, sia soprattutto quanto alla perimetrazione dei beneficiari del blocco…”, emergendo pertanto l’irragionevolezza e la sproporzione di un bilanciamento calibrato su tutti, indistintamente, i debitori esecutati, tenuto peraltro conto che i creditori procedenti “..non costituiscono una categoria privilegiata e immune dai danni causati dall’emergenza epidemiologica..”.

Sicché la norma, avrebbe dovuto essere dimensionata rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori esecutati, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi.

La proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale, non individuando alcun criterio selettivo volto a giustificare l’ulteriore protrarsi della paralisi dell’azione esecutiva, è pertanto da ritenersi  incostituzionale per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione.