Nota a sentenza pubblicata sul sito dello Studio Legale Scuderi-Motta

 

La Corte di Cassazione, con la recentissima ordinanza del 2 maggio 2022 numero 13729, ha affermato importanti principi in materia di responsabilità extracontrattuale dell’ente locale per “danno cagionato da cose in custodia ex articolo 2051 del codice civile, ponendo in capo al medesimo ente la prova del caso fortuito in termini più rigorosi che in passato.

Buche stradali | Studio SalataLa vicenda

La fattispecie esaminata dalla Corte, adita per l’annullamento della sentenza pronunciata in secondo grado dalla Corte d’Appello de L’Aquila, trae origine da un incidente che ha visto coinvolto un ciclista che, in pieno giorno, a causa di un avvallamento su una strada provinciale abruzzese, era caduto rovinosamente a terra, riportando sia lesioni fisiche che danni al mezzo (una bici da corsa).

Il ciclista ha quindi convenuto la Provincia innanzi al Tribunale de L’Aquila chiedendo venisse accertata la responsabilità dell’ente locale, ai sensi degli articoli 2051 e 2043 del codice civile, affermando che la caduta era stata causata da “un avvallamento presente sulla sede stradale” che gli aveva fatto “perdere il controllo della bici causando “lesioni alla sua persona e al velocipede”.

Chiedeva di conseguenza il risarcimento del danno, che tuttavia gli veniva negato sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello, ritenendo i Giudici che, pur essendo stato provato il nesso causale tra l’avvallamento e la caduta, quest’ultima doveva ascriversi al caso fortuito, coincidente con la condotta negligente del danneggiato, essendo la presenza di sconnessioni su una strada extraurbana una situazione non eccezionale e quindi prevedibile dall’utente.

Il giudizio in Cassazione ed i principi espressi dalla Corte.

Il ciclista ha quindi proposto ricorso in cassazione avverso la pronuncia della Corte d’Appello, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 del codice civile.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso ed annullato la sentenza di secondo grado facendo leva su alcuni propri recenti pronunciamenti, in cui viene “..rivalorizzato l’obbligo di custodia ponendo a carico del custode la prova del fortuito in termini più rigorosi che in passato…”.

In particolare, la Suprema Corte afferma di voler dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale per cui:

– “..il custode comunque deve predisporre quanto necessario per prevenire danni attinenti alla cosa custodita; il caso fortuito, pertanto, sarà integrato dalla condotta del terzo o del danneggiato soltanto se si traduca in una alterazione imprevista e imprevedibile dello stato della cosa..” (cfr. Cass., ordinanza numero 1725 del 2019);

“..è necessario tenere conto della natura della cosa per cui quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa, quanto di più il possibile pericolo è prevedibile e superabile dal danneggiato con normali cautele, e quindi quanto più è l’efficienza causale della sua condotta imprudente che giunge, eventualmente, a interrompere il nesso causale tra la cosa e il danno ovvero a espungere la responsabilità del custode..” (cfr. Cass., ordinanza numero 2345 del 2019);

“..la responsabilità ex art. 2051 c.c. impone al custode, presunto responsabile, di provare l’esistenza del caso fortuito, considerato comunque che i suoi obblighi di vigilanza, controllo e diligenza gli impongono di adottare tutte le misure idonee per prevenire e impedire la produzione di danni a terzi…” (cfr. Cass. ordinanza numero 8811 del 2020);

“..il danneggiato deve limitarsi a provare il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, spettando al custode la prova cd. liberatoria mediante dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia avente impulso causale autonomo e carattere di assoluta imprevedibilità ed eccezionalità…” (cfr. Cass., numero 456 del 2021).

Alla stregua di tali principi, il Collegio ha ritenuto di censurare la valutazione dei giudici di merito secondo cui “..la condotta del ciclista integra, di per sé, il caso fortuito..” e libera l’ente locale da ogni responsabilità, sol perché “..l’avvallamento era percepibile per la sua dimensione e per l’orario in cui è avvenuto l’incidente”.

Tali circostanze, infatti, non possono ritenersi di per sé sufficienti ad eliminare l’obbligo gravante sull’ente locale di “..prevenire l’avvallamento certamente presente ed intrinsecamente pericoloso..”, anche perché – aggiunge la Suprema Corte – il Comune non aveva in alcun modo provato “..che l’avvallamento si fosse appena creato..”.

L’amministrazione locale avrebbe in buona sostanza dovuto almeno dimostrare che l’asfalto era sconnesso da poco, in modo da evitare la condanna.

Ragionando diversamente infatti, sottolinea la Corte, “..tutti i custodi di strade potrebbero permettersi di lasciarle non riparate a tempi indefiniti, ovvero astenersi dalla custodia, perché gli avvallamenti possono essere percepiti materialmente da chi passa nelle ore luminose del giorno, soltanto negli orari notturni “risorgendo” la custodia..”.

Conclusioni

In conclusione pertanto, se la buca presente sulla sede stradale è facilmente avvistabile e l’incidente da essa causato si è verificato in pieno giorno, va comunque addebitata una possibile responsabilità all’ente locale proprietario della strada per violazione dell’obbligo di custodia, essendo l’avvallamento “pericoloso in sé” ed incombendo sull’ente custode l’obbligo di adottare con solerzia tutte le misure necessarie a prevenire e impedire danni a terzi.