La Sezione Imprese del Tribunale Civile di Roma, con una recente pronuncia, condividendo la tesi difensiva sostenuta degli Avvocati Simona Santoro ed Emiliano Luca, ha accolto il ricorso cautelare avanzato dalla società da loro assistita nei confronti di una ditta concorrente, per illecito utilizzo del marchio.
Si trattava in particolare di un marchio ideato dalla società ricorrente che, sebbene non registrato, le aveva permesso di ottenere grande notorietà a livello nazionale e internazionale.
La ditta concorrente se ne era tuttavia illegittimamente appropriata, registrando il marchio e spacciandolo per proprio.
Pertanto la società ricorrente, per il tramite dei propri legali, ha chiesto e ottenuto in via d’urgenza dal Tribunale competente l’inibizione alla società resistente dell’utilizzo del proprio marchio “di fatto”, con l’ordine di far cessare le condotte illecite di concorrenza sleale poste in essere in suo danno.
Il Tribunale in particolare ha ritenuto che il marchio ideato dalla ricorrente e preusato dalla stessa, meritasse tutela e che la registrazione da parte della resistente fosse avvenuta in violazione “…del disposto dell’art. 12 lett a) c.p.i., che vieta la registrazione di segno identico ad altro già noto alla data di deposito della domanda, distintivo di servizi prestati da altri per servizi identici o affini, qualora a causa dell’identità dei segni possa determinarsi un rischio di confusione e che, pertanto, non solo non possa invocare tutela del segno illegittimamente registrato nei confronti del preutente, ma neppure farne legittimo uso, al fine di contraddistinguere l’erogazione di servizi del tutto sovrapponibili a quelli già erogati dalla società ricorrente, integrando altrimenti tale condotta gli estremi della concorrenza sleale sanzionata in particolare dal disposto dell’art. 2598 comma 1 n. 1 c.c..”
Col che, il Tribunale, nel disporre l’inibitoria nei confronti della società resistente all’utilizzo del marchio, ha altresì disposto l’eliminazione della “denominazione all’interno di siti web, social, brochure, eventi, manifestazioni, mail, insegne, od altro riconducibile alla società resistente”; il tutto determinando “nella misura di euro 1.500 la somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento”, e condannando la società resistente al pagamento delle spese del procedimento.
La pronuncia è stata altresì confermata in sede di reclamo.
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